La Cassazione ha rigettato il ricorso sulla custodia cautelare di uno degli indagati dell’operazione ‘Mani in pasta’ che nel maggio 2020 aveva inferto un duro colpo ad alcuni clan del palermitano. In particolare, il soggetto in questione è stato accusato di “aver organizzato e partecipato ad incontri con esponenti, anche apicali, di altre famiglie mafiose dello stesso e/o di altri mandamenti, adottando decisioni e impartendo direttive per la gestione delle attività illecite, operando un rigoroso controllo territoriale ed acquisendo in modo occulto il controllo e la gestione di attività imprenditoriali attive nel settore dei giochi e delle scommesse a distanza, della rivendita di materiale cartaceo, della commercializzazione di farina, adoperandosi in modo diretto e sistematico nel coordinamento degli affari illegali, occupandosi in prima persona di quelli connessi alle attività estorsive”. Le motivazioni con cui la Cassazione ha respinto il ricorso sono gli “argomenti logici” predisposti dal Tribunale del Riesame di Palermo e “delle ragioni che sostengono l’affermazione dell’appartenenza alle mafie storiche del sodalizio criminoso che forma oggetto del procedimento”, che hanno portato a ricostruire il “grave quadro indiziario su una diffusa attività estorsiva ai danni dei commercianti operanti sul territorio di riferimento, elemento questo che concorre significativamente a concretizzare il carattere di mafiosità dell’associazione”. ac/AGIMEG